di Gianluca Zanella

Entrare nel merito dell’omicidio di Piersanti Mattarella è come lanciarsi per la prima volta con il paracadute. Sempre. Questo perché pochi fatti di sangue implicano l’incamminarsi alla cieca in un percorso tanto tortuoso. Rievocare qui la vicenda giudiziaria sarebbe inutile, d’altronde chi volesse rinfrescarsi la memoria può facilmente farlo con una rapida ricerca sul web.
La cosa interessante – e perché no, utile per aprire una serie di riflessioni – è stata invece la chiacchierata fatta con Valter Biscotti, noto avvocato penalista che nella sua lunga carriera si è occupato di molti casi eccellenti – come il delitto di Perugia, quello di Avetrana e tanti altri, compresi gli ultimi processi alle Brigate Rosse – ma anche alcuni tra i cosiddetti “misteri d’Italia”, come l’omicidio Pecorelli, sul quale ha anche scritto un libro. Ed è stato proprio parlando di questo libro – durante la cui stesura ci siamo conosciuti – che è sorta una sua riflessione, da cui poi è nata l’intervista che qui vi proponiamo.
Pur con le dovute distinzioni, in effetti, l’omicidio di Mino Pecorelli e quello di Piersanti Mattarella sono speculari: da un lato si è per anni seguita la pista mafiosa, pur senza mai scartare la presenza attiva di membri dell’eversione di destra – nello specifico dei NAR; dall’altro, è sempre stata battuta la pista nera, con sullo sfondo una presenza stavolta mafiosa. Ma se nel caso di Mino Pecorelli la verità non è mai stata raggiunta, nel caso di Piersanti Mattarella, sebbene la stragrande maggior parte dei media parlino ancora oggi di “mistero”, le cose sono diverse. Nasce proprio qui lo spunto di riflessione dell’avvocato Biscotti, in particolare dalla puntata di Report del 24 gennaio 2022, in cui si è parlato del verbale inedito, risalente al 2016, dell’estremista nero Alberto Volo. Verbale in cui, rivolgendosi ai magistrati Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, Volo – oggi deceduto – ricostruisce uno scenario in cui mafia, servizi segreti ed eversione nera vanno a braccetto macchiandosi di tutte le nefandezze che vanno dalla strage di Bologna alle bombe che spazzarono via Falcone, Borsellino e uomini e donne della loro scorta. In questo servizio si è parlato ancora una volta di Valerio Fioravanti come il killer di Piersanti Mattarella.
Avvocato Biscotti, per quale motivo ritiene di dover esporsi con un’intervista? Vuole aggregarsi al carro di quelli che in questi giorni attaccano Report e Sigfrido Ranucci?
Assolutamente no, io non attacco nessuno. Non mi interessa criticare il programma o il suo conduttore, semplicemente prendo atto che il servizio del 24 gennaio sull’omicidio Mattarella è un minestrone riscaldato vecchio di trent’anni, niente di più, niente di meno.
Per quale motivo?
La puntata in oggetto è stata trasmessa nemmeno due settimane dopo l’archiviazione che mette la parola “fine” alla vulgata che vuole Valerio Fioravanti e i Nar come killer di Piersanti Mattarella.
In effetti c’è stata un’archiviazione proprio nei primi giorni di gennaio, ma allora perché si continua ad associare Valerio Giusva Fioravanti a questo delitto?
Ci arriviamo, ma prima vale la pena ripercorrere a grandi linee la vicenda giudiziaria: il suo coinvolgimento e quello dei Nar, nella persona di Gilberto Cavallini, viene in particolare (e non solo) da due percorsi: in primis il riconoscimento della moglie del Presidente della Regione siciliana, Irma Chiazzese, che del killer ricorda il volto bello, gentile e gli occhi di ghiaccio e vedendo una foto sul giornale ha creduto di riconoscere Valerio Fioravanti come colui che sparò al marito. C’è poi la complessa e tormentata testimonianza del fratello di Giusva, Cristiano, che di fronte ai magistrati si disse convinto che a compiere l’omicidio fosse stato il fratello, ritrattando il tutto successivamente.
Senza entrare nel merito, mi sembrano elementi importanti
Certo che lo sono e infatti ci sono stati i processi.
Quello relativo all’omicidio Mattarella iniziò subito dopo la strage di Capaci e faceva parte dei cosiddetti “omicidi politici”, come quelli di Michele Reina, segretario provinciale della DC palermitana, del 1979, di Pio La Torre, segretario regionale del PCI, del 1982, e quello di Piersanti Mattarella, del 1980. Questi processi, tenuti fuori volutamente dal Maxiprocesso da Falcone e Borsellino, sono durati praticamente per tutti gli anni Novanta e per la cronaca il PM di quel processo era colui che più tardi diventerà Procuratore capo a Roma: il dott. Giuseppe Pignatone. E naturalmente ci sono le carte. Queste carte raccontano una storia che però non prevede la presenza di Fioravanti, che insieme a Cavallini viene assolto per non aver commesso il fatto già nel 1995. La sentenza di primo grado viene confermata in Appello nel 1998 e l’anno seguente si pronuncia la Cassazione. Ora nel gennaio 2022 una nuova archiviazione.
Parlava delle carte. Quale storia raccontano?
Innanzi tutto raccontano di un contesto – quello siciliano e nello specifico quello palermitano – dove un omicidio del genere non sarebbe mai stato commissionato a dei killer esterni alla mafia. All’epoca i corleonesi già avevano il predominio nella Commissione di Cosa Nostra e avevano a disposizione un vero e proprio “gruppo di fuoco” composto da killer spietati che hanno commesso i più importanti omicidi di quegli anni. Infatti le motivazioni dell’assoluzione di Fioravanti e Cavallini, che si possono trovare online nell’archivio “Pio La Torre”, affondano le proprie radici nel maxiprocesso e nell’esperienza maturata dai giudici riguardo le modalità degli omicidi di mafia. Lo dicono anche pentiti come Tommaso Buscetta, Marino Mannoia e Francesco Di Carlo. Era impensabile affidare un omicidio del genere a qualcuno al di fuori di Cosa nostra.
Ma non solo in Corte d’assise d’appello il pentito Di Carlo chiarì la questione in maniera definitiva. Testimoniò di aver saputo da Bernardo Brusca (padre di Giovanni ed Enzo) che a uccidere Piersanti Mattarella fosse stato Antonino (Nino) Madonia e in sede istruttoria dibattimentale La corte d’Assise d’Appello fece una vera e propria comparazione tra Nino Madonia e Valerio Fioravanti, riscontrandone una straordinaria somiglianza e giustificando così anche in sentenza il perché dell’errore della vedova Mattarella.
Senza contare poi il fatto che i Madonia comandavano il mandamento di Resuttana, zona che comprendeva il luogo dell’omicidio: per nessuna ragione i Madonia avrebbero consentito che un omicidio così importante fosse commesso da altri, visto che lo stesso Nino Madonia faceva anche parte del cosiddetto gruppo di fuoco a disposizione dei Corleonesi
Non sembra una versione un po’ debole?
Debole? Se in una sentenza definitiva si individua il responsabile di un delitto, allora gli atti e le sentenze dei processi che valore hanno? Sono carta straccia? C’è scritto nero su bianco. Secondo la sentenza, è chiaro che l’omicidio sia stato materialmente commesso da Nino Madonia. La somiglianza con Giusva viene riscontrata con rigorose comparazioni in sede di Appello.
Dunque nessun mistero?
Se con il nome dell’esecutore materiale del delitto scritto a chiare lettere in una sentenza definitiva si vuole ancora parlare di mistero, facciamo pure ma non è la verità.
Perché questa necessità di “difendere” – e uso le virgolette non a caso – Fioravanti? Non crede che possa essere frainteso?
Non difendo Fioravanti, difendo la verità documentale.
Io oltre che un avvocato sono uno studioso, leggo migliaia di carte, le confronto, ci ragiono sopra. Riguardo i possibili fraintendimenti, anche nel mio libro su Mino Pecorelli, quando parlo dei Nar, li definisco tra i più feroci criminali e assassini del terrorismo nero e rosso di quegli anni. Non li conosco e non ho alcuna empatia nei loro confronti.
Dunque ne fa una questione di correttezza storico/documentale?
Si, ma non solo. La vera domanda è: Perché adesso torna a galla questa storia? Perché proprio ora, nonostante l’archiviazione?
Immagino lei abbia anche una risposta…
Ho la mia idea. Dal mio punto di vista c’è chi pensa che bisogna rafforzare la tesi, a Bologna, che Fioravanti e tutta l’area di estrema destra siano il male assoluto, così da giustificare anche l’attribuzione a loro della più orribile strage mai compiuta sul suolo italiano.
Mi faccia capire: ritiene che l’immagine di un Fioravanti killer di Piersanti Mattarella sia funzionale al processo sulla strage di Bologna? È un’affermazione forte…
Lo confermo. Ho il sospetto che bisogna rafforzare le tesi del processo di Bologna in appello, e quello in corso, dove per rinforzare l’accusa chiamano addirittura a testimoniare prestigiosi giornalisti un po’ di parte, me lo consenta, come se fossero stati presenti ai fatti di reato. Questo è il virus da cui ogni tanto sono affetti i grandi processi. Quando iniziano i teoremi per costruire una tesi accusatoria, il processo mostra la sua debolezza e fallisce. Ne sono falliti già tanti. Io ne sono stato testimone con il processo Pecorelli. Qui si sta facendo la stessa cosa.
Cioè?
I processi sulla strage di Bologna sono processi che stanno suscitando grandi polemiche da più parti di pensiero. A Bologna anche quello che si sta celebrando contro Bellini è un processo a mio giudizio fortemente discutibile.
Vede, nella procedura penale esiste da sempre l’istituto della legittima suspicione, forse lo spostamento del processo in altra sede di Corte d’assise avrebbe maggiormente aiutato la verità e la giustizia. Ma mi rendo conto delle ragioni politiche che hanno impedito da sempre una simile soluzione, con il rischio di far diventare il processo una vera e propria illusoria affermazione di una verità che verità non è. Si guarda in una direzione e si ignora tutto il resto.
Eviterei di impelagarmi sulla questione Bologna, anche se mi pare di aver capito che non crede alla pista neofascista
Assolutamente no.
Io sono convinto che quella strage è legata ai missili di Ortona e al mancato rispetto del “Lodo Moro”, ormai ci sono evidenze documentali nitide, molto più forti di quelle utilizzate per i processi celebrati e quelli in corso.
Concludiamo con una domanda: ma se il suo nome è scritto nero su bianco, allora per quale motivo Nino Madonia non è mai stato processato per l’omicidio Mattarella?
Eh, questa è una bella domanda. Certamente confliggerebbe con tutto quello che abbiamo appena detto e forse i tempi non sono ancora maturi. Ci vorrebbero persone coraggiose che non temono di poter scoprire scomode e indicibili verità.