di Carlo Mion per il Il Mattino di Padova
Il “Sistema Tronchetto” è una gallina dalle uova d’oro. Dall’Isola Nuova, prima della pandemia, transitavano mediamente 20 milioni di turisti l’anno. Un tesoro sul quale la malavita ci ha lucrato per decenni e ci lucra, anche se ora, causa Covid, in maniera minore. Il gruppo dei “mestrini” specializzato in rapine, estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti, controllava il “Sistema Tronchetto” grazie all’attività degli intromettitori, nella zona dell’isola e di piazzale Roma.
Questi ultimi, sono una figura tipica di operatori veneziani, agiscono quali intermediari tra i turisti e il mondo del commercio e dell’accoglienza. Si tratta, per lo più, di motoscafisti abusivi, gondolieri, intermediari di agenzie di viaggio, portieri di albergo, che per la loro attività sono in grado di indirizzare il turista verso determinati negozi, vetrerie, ristoranti ed alberghi.

Il giro di affari è stimato in vari milioni e si presta all’influenza della malavita organizzata. Rimane un business dei mestrini, anche perché Maniero non ci crede e lascia fare al gruppo. Comunque pretende da loro 5 milioni di vecchie lire al mese.
Da almeno trentacinque anni dire Tronchetto vuol dire anche “mestrini”. Lo zoccolo duro di questa banda, prima del pentimento di Maniero e i conseguenti arresti, era composto da Gino Causin, Gilberto “Lolli” Boatto, Roberto “Paja” Paggiarin, Paolo Tenderini e Paolo Pattarello. Indiscusso capo è sempre stato Boatto, per l’intelligenza criminale che a suo tempo lo caratterizzava.
Per decenni i “mestrini” hanno fatto affari con il trasporto dei turisti grazie a prestanomi che consentivano al gruppo di reinvestire il denaro proveniente dal traffico di droga e di altre attività illegali. Ma anche chiedendo il “pizzo” ad altri operatori.
Con lo smantellamento della mala del Brenta, alla quale il gruppo apparteneva, a metà anni Novanta c’è un vuoto di potere nel controllo del “sistema”. Ma dura ben poco. Tra il 2006 e il 2007, i carabinieri del Ros indagano sulla situazione che si era ricreata: minacce, danneggiamenti, aggressioni, estorsioni e incendi dolosi. Nell’operazione, chiamata Tallero, vengono indagate venti persone tra motoscafisti e intromettitori.
Una delle tesi dell’accusa è che alcuni indagati e in particolare Loris Trabujo, siano collegati a parte del gruppo dei “mestrini”, ritornati a investire in quel settore. Trabujo non ha mai negato il rapporto di amicizia della sua famiglia con i “mestrini”. Una forte amicizia che li portava a “santificare le feste” insieme. Ma secondo i carabinieri, in realtà Trabujo non sarebbe altro che un prestanome del gruppo. In sostanza con le sue barche avrebbe riciclato il denaro della banda.

Actv e Alilaguna, assieme a pochi altri imprenditori puliti, spesso sono finiti nel mirino di chi cercava il controllo della massa di turisti. In varie informative i carabinieri del Ros scrivono che fino alla primavera del 2012 Giovanni Paggiarin teneva sotto controllo il Tronchetto e piazzale Roma grazie ad un paio di motoscafisti che sono finiti nell’operazione Tallero. Motoscafisti poi assolti. Paggiarin in quella primavera finisce in galera, deve scontare diversi anni per condanne passate in giudicato.

Alla fine di quell’anno, a Mestre, arriva Vito Galatolo, un boss mafioso allontanato da Palermo da una sentenza della magistratura. E Vito Galatolo va a lavorare al Tronchetto, assunto come motorista part time da Otello Novello, “el Coco Cinese” che lo assume nelle sue due società la Canal Grande e la Travel Venice. Imprese che si occupano di trasporti turistici. Galatolo arriva per controllare gli appalti della Fincantieri – lo dice lui stesso in una telefonata intercettata – e del resto la sua famiglia ha piazzato uomini in tutti i posti dove si costruiscono navi. Ed è amico del titolare di una delle maggiori imprese esterne che lavorano in Fincantieri: Giuseppe Corradengo.
Ma gli investigatori dell’Arma, sono convinti del suo interesse per il business del turismo. Infatti , in varie informative, sottolineano come sia forte il rapporto con il “Coco Cinese” ritenuto in quegli anni l’uomo che controllava gli intromettitori. Il boss siciliano è arrestato nel 2014 per questioni siciliane e nuovamente l’Antimafia parla del Tronchetto e della criminalità organizzata sull’isola.