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Analisi di uno scoop senza botto. Report, Renzi, uno 007 miracolato e “l’insegnante” da Pulitzer

di Alessandro Ambrosini
04/05/2021
in Notte Criminale, Roma
Analisi di uno scoop senza botto. Report, Renzi, uno 007 miracolato e “l’insegnante” da Pulitzer
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di Alessandro Ambrosini

Se vivessimo nel paese delle favole, il servizio di Report andato in onda ieri sera, potrebbe essere giornalisticamente perfetto. Inoppugnabile nelle tesi e nei sospetti che quel video tende a creare. Le immagini “rubate” hanno sempre quell’alone di mistero negativo. E’ una regola non scritta ma, se devi creare pathos ed indirizzare il giudizio del pubblico, l’effetto “telecamera nascosta” funziona sempre. E tutto quello che dirai a margine, risulterà più credibile. Con questo non voglio dire che il tutto sia stato orchestrato dalla redazione di Report, sarebbe troppo fantasioso e sicuramente falso. Allo stesso tempo, risulta quasi offensivo all’intelligenza il fatto che si voglia far passare una misteriosa “insegnante” come accentratrice di casualità degne di un’estrazione al superenalotto. Tanto dal portarla a riconoscere dietro la mascherina sia l’ex premier Matteo Renzi ma, soprattutto, in seconda battuta lo 007 Marco Mancini, in carica al Dis (il dipartimento che collega l’Aisi e l’Aise, i servizi segreti interni ed esteri). Tanto da rimanere affascinata quaranta minuti per fotografare e riprendere Matteo Renzi e quel “personaggio losco”.

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A rendere interessante il servizio però sono i protagonisti ripresi in quell’area di servizio di Fiano Romano. Sia per lo spessore politico del primo, sia per lo spessore poco limpido e troppe volte “graziato” del secondo. Un connubio che, viste le tempistiche dell’incontro (in pieno scontro politico-istituzionale con Giuseppe Conte per la delega ai servizi segreti), è sicuramente sospetto. A prima vista. In realtà, analizzando l’intero contesto è abbastanza normale, quasi ingenuo.

  1. Tenendo conto della caratura “scafata” dei due personaggi in questione, è impensabile che si siano trovati per stendere “piani di battaglia” in una zona scoperta e facilmente intercettabile con microfoni ambientali. Soprattutto in un momento così delicato politicamente. E Renzi non è certo meno prudente dello 007, da questo punto di vista. Oltretutto, il rumore delle macchine che sfrecciavano è uno scoglio facilmente superabile da chi opera come tecnico del suono specializzato.
  2. Se avessero dovuto concordare o dire qualcosa di compromettente non si sarebbero messi in bella mostra in un piazzale. Mancini sarebbe salito nell’auto dell’ex premier e sarebbe uscito l’autista per dare il massimo della riservatezza. O non si sarebbero incontrati in quel piazzale.

Ma cosa si saranno detti Renzi e Mancini? Avranno parlato della situazione politica e di come si stava sviluppando? Sicuramente. Avranno parlato di come perorare la causa dello 007, smanioso di acquisire la seconda carica dei servizi segreti italiani? Può essere. Mancini conosce bene l’arte della diplomazia e delle pubbliche relazioni. Ne ha curate migliaia nella sua carriera di “barba finta”.  Quasi obbligatorio per il lavoro che svolge e per i disastri in cui è incappato e da cui l’ha salvato, scandalosamente, il “Segreto di Stato”.

Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che i rapporti tra la politica e i servizi segreti sono sempre stati fluidi. Con personaggi “alla Mancini” ancora di più. Se, e siamo nell’ambito delle ipotesi, Mancini stesse in quel momento appoggiando in qualche modo l’operazione di Renzi contro il governo Conte, per trarne dei benefici alla sua carriera, sarebbe stata una mossa azzardata e senza grandi prospettive. Non poteva certo essere Renzi, il miglior sponsor di Mancini alla seconda carica dei servizi con un governo Conte a trazione cinquestelle. Anche perché, l’endorsement forte, era stato già fatto da Nicola Gratteri, il procuratore capo della Dda di Catanzaro. Magistrato adorato e sostenuto, oltre ogni ragionevole dubbio, sia dall’allora ministro della Giustizia Bonafede, sia dal presidente della commissione antimafia Nicola Morra.

Non si contano le presenze di Marco Mancini in Calabria negli ultimi anni. Amico di Gratteri e del suo braccio destro, il maggiore dei carabinieri Gerardo Lardieri, il discusso capo della pg del procuratore calabrese.

Un particolare di non poco conto questa liaison, che Report ha forse omesso per evitare confusione e per salvare l’inchiesta che doveva avere dei sottointesi precisi. La realtà però batte l’insinuazione questa volta e i campi in cui si è giocata la “partita” del governo Conte non è stata in questo incontro a Fiano Romano. Come non cambia il giudizio su Marco Mancini, che la storia giudiziaria vede assolto, ma che la Storia, che rimane indelebile nel tempo, non si benda gli occhi.

Come si evince dal racconto di Report, e su questo non è possibile discostarsi, il problema non è stato l’incontro con un funzionario dei servizi segreti. Ma con quel funzionario dei servizi segreti. E questo dovrebbe valere per tutti quelli che hanno appoggiato e che hanno incontrato il “miracolato di Forte Braschi” (ex sede dei Servizi). Anche Matteo Salvini, che ha conosciuto Nicola Gratteri durante la campagna elettorale in Calabria tramite lo 007 bolognese.

Da Palamara, ad Amara fino a questa inchiesta. Giorni di terremoti, o presunti tali. Scosse devastanti o assestamento di poteri che perdono credibilità ?

Tags: Nicola GratteriMatteo Renziservizi segretiReportBonafedeNicola MorraGiuseppe ConteAiseDisFiano RomanoMarco Mancini
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