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Nell’omicidio di Cinecittà la mala romana perde una torre. Roma è una scacchiera che brucia

di Alessandro Ambrosini
12/08/2019
in Banda della Magliana, Mafia Capitale, Notte Criminale
Nell’omicidio di Cinecittà la mala romana perde una torre. Roma è una scacchiera che brucia
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di Alessandro Ambrosini

Ogni omicidio a Roma non è mai solo un omicidio. E’ sempre qualcosa di diverso dai morti ammazzati nelle altre città “calde”. L’assassinio è sempre una mossa in una grande partita a scacchi. Con uomini veri, non figura di legno lavorate. Ci sono tutti i pezzi che si muovono, anche impercettibilmente: i re, le regine, le torri, gli alfieri, i cavalli e più di tutti, i pedoni.

L’omicidio di Fabrizio Piscitelli non è quello di un pedone o di un cavallo. Lui era, dal punto di vista criminale una “torre”. Un quadro di medio alto livello che non può essere eliminato dal gioco senza che questo comporti l’avanzamento di qualcun altro. Funziona sempre così. Per ogni ipotesi investigativa che si può fare, questa, è una regola da cui non si scappa. E che forse può aiutare a far capire chi e perché è morto sul terriccio di un parco.

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La Malaroma senza equilibrio

Era romano, il leader della curva Nord laziale. Particolare non risibile e non di secondo piano nello scacchiere della Capitale. Da sempre, infatti, Roma criminale è ospitale con tutte le varie compagini mafiose italiane e straniere ma deve sempre avere una componente autoctona al loro interno, che sia anche solo un “garante” o un controllore. Una presenza nostrana che sappia gestire rapporti e poteri nel territorio. Massimo Carminati era e resta l’esempio più alto di ciò che è l’equilibratore, ruolo che di sicuro non poteva essere di Fabrizio Piscitelli. E, in piccolo, il suo “lavoro” era stato anche questo nei meandri della mala romana. Era stato lui ad allargare il potere dei Senese fino a Ponte Milvio. Zona decisamente fuori mano rispetto a Cinecittà, Centocelle, Quadraro e Castelli. Era lui a garantire un certo tipo di presenza e continuità di una tradizione criminale che ha fatto riferimento alla Banda della Magliana. Banda che, in questo caso non dovrebbe avere nessun ruolo nell’omicidio Piscitelli, secondo logica.

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Omicidio Flavio Simmi

La dinamica dell’agguato e dell’esecuzione in via Lemonia è abbastanza chiara. Tolti alcuni particolari che giustamente non escono dalla Questura. Se, notizia di oggi, gli investigatori propendono per un commando di tre persone: il killer, il guidatore della moto e un palo, il movente è ancora racchiuso tra scenari che si potranno scoprire sul medio lungo termine. O forse rimarranno tra i misteri dei sette colli. Ci sono omicidi a Roma che non hanno un perché certo, ma solo scenari probabili. L’agguato a Flavio Simmi è forse il più simile per clamore, con tutte le differenze del caso.

Gli scenari (che non sono certezze o verità assolute, ma sono frutto di logica, conoscenza dei fenomeni criminali romani e fonti di strada) di questa partita a scacchi, finita nel peggiore dei modi, sono fondamentalmente tre. L’abbiamo detto a poche ore dal fatto. Oggi però possiamo aggiungere qualche riflessione in più.

Scenario 1

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Michele Senese

Il re di Roma sud è sotto attacco. Il clan di Michele Senese, detto ‘o pazzo, sebbene il boss sia in carcere da anni, è vivo e attivo. Non ha mai smesso di restare egemone nelle sue piazze storiche. Non è mai stato un problema per il boss comandare dai vari Opg in cui è stato rinchiuso per una pazzia che non è mai esistita. Il suo clan, sul territorio è temutissimo e conta su un discreto numero di affiliati, sia uomini sia donne. A gestirlo il fratello Angelo Senese, personaggio di caratura e di esperienza. Proprio l’amicizia con il fratello di ‘o pazzo diede la possibilità a Fabrizio Piscitelli di diventare il loro passeparteut per entrare in quella parte di Roma Nord (non in tutta) con il beneplacito di Massimo Carminati, l’equilibratore. La presenza degli “afragolesi” non è mai stata rumorosa a Ponte Milvio perché sempre filtrata dal leader laziale. La piazza di spaccio “dei lucchetti” è una piazza importante, tra le decine che ci sono a Roma. E’ una piazza ricca e averla in esclusiva, da anni, è sempre stato un fiore all’occhiello, oltre che un bancomat. E’ però Cinecittà il vero centro di tutto, sia per gli “affari” sia per la base del clan. Un potere (nello spaccio) quello dei Senese, che da anni dividevano con i “vicini” Casamonica. Clan sinto le cui “teste” sono al 41 bis, risultando indeboliti da arresti e clamore mediatico (momentaneamente). Eppure tutto inizia e finisce nella vita, soprattutto nell’ambito criminale. Finisce l’egemonia, finisce la pax criminale, finiscono i garanti per vecchiaia o perché in carcere. E nessuno è inattaccabile a Roma, soprattutto chi da decenni la comanda in modo esclusivo. Le organizzazioni criminali sono fluide. Conquistano il territorio, lo difendono, lo stabilizzano e poi lo perdono. C’è chi dura mesi e chi dura anni, come i Senese. Clan camorrista che, sebbene a Roma da decenni, subisce l’influenza indiretta di ciò che succede in Campania. Prova dell’attacco al “Re pazzo” il fatto che, oltre alla “torre” Piscitelli, siano due gli uomini che sono stati attinti a colpi d’arma da fuoco negli ultimi mesi, Mauro Gizzi e Maurizio Salvucci. Fortunatamente solo gambizzati in quel caso, ma sempre in territorio amico. E i confini contano nella criminalità organizzata. Chi potrebbe attaccare uno dei clan storici della capitale? La mafia albanese, stanca di essere solo usata per “lavori sporchi” o per raccogliere solo i soldi frutto del traffico di stupefacenti e non dello spaccio? Nuovi clan di camorra napoletani che stanno risalendo la costa tirrenica per sbarcare a Roma e iniziare a dettar legge nell’entroterra? O la ‘ndrangheta che muove i propri pedoni con circospezione ma quando lo fa è una sentenza? Magari per togliere le fette del traffico di stupefacenti a napoletani e albanesi e avere il predominio assoluto sulla Capitale?

Scenario 2

Piscitelli, la “torre”, doveva e poteva cadere. Quando la “strada” parla, devi prendere le informazioni, dividerle in due e poi dividerle ancora. Alla fine avrai una base di verità. E questa verità parla di debiti, questa verità parla di “scazzi” per picchetti non pagati a chi aveva vinto, parla di un uomo che si stava comportando oltre le sue reali possibilità. Con quattro o cinque “fedeli” di scorta sempre presenti, con il sentore che qualcosa potesse succedere. Forse, Fabrizio Piscitelli, pensava di avere ancora tempo per risolvere i suoi problemi proprio in virtù del fatto di essere una torre e non un pedone qualsiasi. Forse l’ha fatto con qualcuno che non voleva e poteva aspettare, qualcuno a cui nemmeno il clan Senese poteva opporsi alla morte della “torre”.  Qualcuno che si è presentato al referente del clan e ha detto chiaro è tondo ciò che doveva succedere. Non chiedendo una sorta di permesso, ma imponendo una decisione. A costo di vedere rallentare gli “affari. Un messaggio, con la sua morte, che doveva arrivare ai suoi uomini, in tutte le sue zone.

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Killer

E chi l’ha architettato, ha pensato a tutto: all’esca dell’incontro con qualcuno che conosceva bene o molto bene, all’uomo che ha avvertito l’arrivo della vittima sul luogo prestabilito, alla zona amica (a due chilometri da dove abita Angelo Senese) che l’ha fatto arrivare senza scorta, senza coperture. Al modus operandi dell’assassinio, con un killer professionista. Non con un Tmax che ti affianca e ti spara a ripetizione con una calibro 9 mentre rientri o esci da casa. No, doveva essere una morte di fattura pregevole, con un modo fine (per quanto possa essere fine un omicidio), doveva essere una firma, doveva essere un‘esecuzione con un colpo sparato alle spalle, non doveva essere la morte di un pedone qualsiasi. Il messaggio che doveva imporre l’ordine davanti al caos di una città, senza più “equilibrio criminale”.

Scenario 3

Piscitelli voleva uscire dal “gioco”. Voleva dismettere il suo vestito da “torre” e continuare con una vita normale fatta di famiglia, merchandising e stadio. Voleva ripartire con i soldi dissequestrati. Non voleva più vivere nell’ansia di finire sull’asfalto crivellato di proiettili, non voleva più mettere a rischio di ritorsioni qualcuno della sua famiglia, non voleva farsi ammanettare davanti alle sue figlie. Semplicemente voleva andare in “pensione”. Cosa che un “pedone” può fare, che un “cavallo” può fare. Ma non una “torre”, soprattutto se quella “torre” conosce tutta la scacchiera o ha un ruolo insostituibile all’interno della partita.

downloadQuando vuoi giocare queste partite, sai quali sono i rischi: o in galera o in un cappotto di legno. Piscitelli questo lo sapeva bene. Lo sapeva talmente bene che cercava di non mischiare più la vita tra i clan con quella di Diabolik, il leader degli Irriducibili e della Curva Nord laziale. Due nomi per la stessa persona, due uomini con una faccia sola ma con il cuore diviso a metà tra business e passione. Martedì non verrà seppellito Fabrizio Piscitelli, verrà seppellito Diabolik e tutta l’epopea ultras che si è portato addosso per anni. Un funerale che non racconterà niente dell’omicidio, ma dirà tutto di quel ragazzo a cavalcioni di una ringhiera armato solo della sua sciarpa biancoazzurra.

 

Tags: camorraRoma'ndranghetaclanomicidioagguatocriminalità organizzataMichele SeneseDiabolikFabrizio PiscitelliAngelo Seneseesecuzionemala romana
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