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“Meglio un mafioso in casa che un capannone chiuso”: il punto di Alessandro Ambrosini

di Alessandro Ambrosini
31/12/2018
in Mala del Brenta, Il Patto Veneto, Nord Est
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di Alessandro Ambrosini per Vicenza Today 5 luglio 2018

Le mafie in Veneto e anche a Vicenza sono ben mimetizzate. È un dato di fatto. Non è importante capire e sapere da dove arrivano i”schei”. L’importante è averli, usarli, possederli

 

“La mafia? La xe in Sicilia. La xe a Milan. La xe a Roma”.

E’ questo il sentire per la maggior parte della gente in Veneto e a Vicenza. Se il problema sicurezza è tra i primi tre posti per quanto riguarda le preoccupazioni dei veneti e dei vicentini, lo stesso non si può dire per questa parola: mafia.

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Quando parli di infiltrazioni mafiose nel tessuto imprenditoriale e sociale della regione o della città hai la netta sensazione di compiere un atto di lesa maestà nei confronti della storia della tua terra. È quasi offensivo parlare di ‘ndrangheta o camorra a Vicenza o nel vicentino, o peggio sembra quasi disturbare quando racconti di aziende sotto usura del cappio criminale o dei rapporti che intercorrono tra i colletti bianchi della criminalità e l’imprenditoria veneta.

Le mafie in Veneto e anche a Vicenza sono ben mimetizzate. È un dato di fatto.

Lo abbiamo sentito dalle parole di Luigi Bonaventura, un ex capo cosca che proprio nel vicentino è stato mandato a “svezzarsi” per capire le modalità, la psicologia, le debolezze del popolo veneto. Perché le “lavatrici” devi sapere come funzionano per usarle e Vicenza ha questo ruolo privilegiato.

Lo leggi nelle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia, lo intuisci quando vedi aziende modeste decollare e poi cadere fragorosamente in un battito di ali, lo studi nelle carte della camera di commercio quando scopri piccole imprese familiari cambiare ragione sociale e finire con amministratori di qualche paesino del sud, magari ottuagenari o nullatenenti. Non è importante tutto questo per la maggior parte dei veneti. Non è importante capire e sapere da dove arrivano i”schei”. L’importante è averli, usarli, possederli. Che siano frutto del traffico di stupefacenti, di migranti, di armi poco importa. Ciò che conta è che il rischio sia minimo e la resa massima. Che non ci siano sparatorie, morti. Quelle sono cose che fanno “a casa loro”, nel profondo sud. In “terronia”.

Chi se ne ciava?

Che importa se nel vicentino aveva trovato rifugio un certo “Piddu” Madonia? Se il Veneto ha regalato una mafia autoctona come la Mala del Brenta? Se uomini di Matteo Messina Denaro hanno iniziato a fare affari a Cortina, ad Abano, a Misurina sin dagli anni ’80? Se Galatolo, altro boss siciliano, abitava e lavorava nel mestrino e nel veneziano. Se nel veronese bruciano più volte degli automezzi in pieno stile mafioso? Se le interdittive antimafia sono arrivate anche nella terra del Palladio? Se trovi una “santabarbara” di armi in un garage ecc. Meglio un mafioso che porta soldi che un capannone chiuso.

Questa è la filosofia di più di qualcuno. Una filosofia che si trascina di generazione in generazione. Una distanza dal problema mafioso che è sempre più marcata, anche nella politica. Nelle ultime elezioni comunali nessuno ha inserito nei propri programmi un cenno, una proposta, un’azione preventiva che contempli anche solo il parlare, avvertire, contrastare questo pericolo. Una minaccia silenziosa che arriva come un “manna dal cielo” e si trasforma in “boia”.

Questi atteggiamenti, che garantiscono un quieto vivere, sono l’anticamera dell’accettazione. Sono il motivo del crescere di un’omertà che garantisce alle mafie di prosperare, loro sì, in sicurezza. Omertà non dovuta alla paura, non dovuta a una forma di assoggettazione culturale ma al colore degli euro. Un silenzio che normalizza tutto, che addormenta le coscienze anche di chi dovrebbe fare informazione, di chi dovrebbe guardare un centimetro più in là del proprio naso ma se ne guarda bene.

Perché è faticoso cercare di non essere allineati al pensiero dominante dei “schei”. Soprattutto quando sono “schei” senza una storia, quando è rispettabilità comprata un tanto al chilo e rivenduta a peso d’oro sulle spalle di tutti i veneti e i vicentini. Tutto ciò è mafia. Tutto ciò è figlia di un compromesso mai scritto che va spezzato.

Tags: camorraNOTTE CRIMINALE'ndranghetaDiamafiaVicenzaAmbrosini AlessandroVenetoLuigi Bonaventura
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