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Mafia Capitale, lo sfogo di un imputato: “Accusati di mafiosità da quello Stato che da giovani volevamo sovvertire”

di Alessandro Ambrosini
28/04/2017
in Generale, Roma
5
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di Beatrice Nencha

 

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2017-03-30_145756Quando alle 15.50 di giovedì scorso le agenzie iniziano a battere freneticamente le prime richieste della Procura della Repubblica nei confronti dei 46 imputati del processo Mafia capitale, l’aula bunker di Rebibbia è già piombata in un silenzio spettrale, come mai finora in questi lunghi 16 mesi di udienze celebrate a tambur battente grazie soprattutto alla fermezza (e stoicità) della presidente della X sezione del tribunale di Roma, Rosanna Ianniello. Nessun mormorio, nessuna imprecazione o improvvisa reazione emotiva, almeno apparentemente, trapela nei visi degli imputati, tesi da inizio giornata, o in quelli dei loro avvocati. Molti dei quali, già dall’esordio dei controesami di Salvarore Buzzi e di Massimo Carminati, avevano fiutato la malaparata e avevano deposto i sorrisi smaglianti sfoggiati nei primi mesi di udienze. La richiesta di oltre cinque secoli di carcere complessivo oscilla dal massimo dei 28 anni richiesti per l’ex “re di Roma” Carminati fino ai due anni e sei mesi di corruzione per Luca Odevaine (in continuazione con la pena già patteggiata di 2 anni e 8 mesi di reclusione). Quello che Buzzi chiamava “il padrone” per le sue potenti entrature con prefetti e politici di ogni schieramento è stato l’unico ad aver scelto di dichiararsi “reo confesso” in mezzo a una platea di imputati che, quasi all’unanimità, quando sono stati chiamati a deporre si sono sempre proclamati innocenti ed estranei non solo alle accuse di associazione mafiosa, contestata solo a 19 degli imputati, ma anche rispetto alle più numerose condotte di corruzione, turbative d’asta e asservimento della pubblica funzione contestate dai pm a politici, funzionari e dirigenti delle istituzioni.

006A udienza chiusa, quasi inevitabile l’innescarsi di recriminazioni, sconforto e tensioni reciproche, per alcuni con momenti di sfogo anche drammatici. “Io mi impicco, poi voglio vedere come la prendono questi pm. Mi avranno sulla coscienza. Ho preso più io di ‘lady Buzzi’ e io non l’ho mai frequentato Carminati. Ora come lo spiego ai miei familiari?” si tormenta, ancora sotto shock uno degli imputati a cui è contestata l’aggravante mafiosa, il famigerato articolo 7. Attorno gli si forma subito un capanello: “Guarda che è tutta scena, sono solo le “richieste”, chiedono l’ergastolo per ottenere alla fine cinque-sei anni, servono per aprire domani i giornali” prova a consolare un altro, anche lui considerato dal’accusa tra i partecipi a quel “Mondo di mezzo” terremotato oltre due anni fa dall’ondata di arresti dell’inchiesta giudiziaria che segnerà la storia più recente della capitale. In realtà, quasi nessuno se la prende con quello che per alcuni resta solo “un teorema” della Procura. In molti invece incolpano la stampa “per come ha riportato, sbattendoci in prima pagina, veline e fake news” è il refrain più gettonato. Alcuni, facendo i conti con l’odierna richiesta di condanna, rivivono un tuffo nel passato e si interrogano su cosa ci fanno in quest’aula bunker da 16 mesi: “Ma vi rendete conto che noi un tempo scendevamo in piazza perché lo volevamo sovvertire lo Stato e oggi è questo stesso Stato che mi accusa di mafia? Che follia, che follia” si mette le mani nei capelli un altro, ex dipendente del gruppo “29 Giugno” da tempo in rotta con il suo ex capo, di cui pare non condividere più nulla.

2017-03-30_145423“Vedi che non ci stai con la testa? A te ti hanno dato solo 16 anni di pena base, poi ci sono gli anni di continuazione per tutti i reati fine.. Non è come negli Stati Uniti dove si cumula tutto. Certo, domani la stampa titolerà 5 secoli di carcere. Ma la procura non ha chiesto nemmeno il massimo delle pene. Anzi, è partita dal minimo in realtà” cerca di spiegare a un imputato piuttosto sconvolto chi, tra i 46 appena usciti, è più ferrato in diritto penale. “A me se mi cade l’articolo 7, che mi ha aggravato la pena per un terzo, è fatta. Io sono più che fiducioso. Per l’Appello, perché  in primo grado già lo so che siamo tutti spacciati. E’ scritto che questo deve essere un “processo esemplare”. Ma se cade l’associazione mafiosa, poi ti danno l’associazione semplice.. C’hai precedenti? Sennò ci sono anche le attenuanti generiche. Io mi gioco tutte le carte, i reati non li ho commessi” trova la forza di ironizzare un altro, a cui è andata meglio perché accusato di un’unica corruzione. “Voglio sapere quanto ha preso Tassone!” si scalda improvvisamente un ex socio cooperatore., mentre sulla soglia del penitenziario, più grigio che mai, si esce quasi muti e sferzati da una pioggia battente. Ad uno scappa una battuta sull’associazione criminale aggravata dalla presenza di armi: “Sì, la spada per sfilettare i tonni di Carminati!”. Appena fuori dal bunker, un nugolo di giornalisti intervistano uno dei due legali di Buzzi, Piergerardo Santoro, che prova a ridimensionare il clima da apocalisse: “Il dibattimento ha praticamente demolito tutti gli elementi accusatori delineati nel corso delle indagini. Spiace che una Procura cosi attenta e autorevole non abbia saputo cogliere l’occasione,”. Ma oggi anche il cielo di Rebibbia ha deciso di non lasciare spazio a spiragli di luce.

Tags: Rebibbiamafia Capitale416 bisProcura di Romabuzzicarminatiodevainesantoro29 giugnore di romarosanna ianniello
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